Locazioni, nullo il canone in nero contenuto nell’accordo non registrato.
Corte di cassazione – Sezione III civile – Sentenza 18 aprile 2016 n. 7634
Il tema, di odierna attualità, tratta il caso del canone c.d. “in nero”, eccedente la pattuizione economica contrattualmente convenuta, che viene preteso dal Locatore.
La Giurisprudenza di legittimità, ancora una volta, sancisce un principio a cardine a tutela della parte Conduttrice.
In una locazione abitativa, il canone da corrispondere è unicamente quello contenuto nel contratto regolarmente registrato, mentre la parte “in nero” eccedente, in quanto contenuta in un patto occulto, non ha alcun valore né può essere sanata da una successiva registrazione, con la conseguenza che il conduttore può chiedere l’integrale restituzione di quanto ha pagato in più. Lo ha stabilito la Corte di cassazione con la sentenza 18 aprile 2016 n. 7634 respingendo il ricorso di un proprietario.
Inizialmente invece le cose erano andate bene per il locatore che in un diverso procedimento aveva dedotto che nel settembre 2000 le parti avevano stipulato due contratti di locazione: l’uno (registrato il 4 settembre 2000) riportante un canone mensile di 400.000 lire; 2) l’altro (non registrato) un canone di 1.150.000 lire mensili. E in base a questo secondo contratto aveva intimato al conduttore lo sfratto per morosità, convalidato dal Tribunale di Nocera Inferiore nel 2006, ed eseguito nel maggio 2007. Inoltre, per i canoni insoluti era stato emesso un decreto ingiuntivo, non opposto, conclusosi con una espropriazione forzata presso terzi. Per cui il proprietario riteneva di non dover restituire nulla in quanto tra le parti avrebbe avuto efficacia il contratto non registrato. Nel procedimento arrivato in Cassazione invece il conduttore, fin dal principio, disconoscendo il secondo contratto, ha richiesto la restituzione delle somme eccedenti il canone registrato. E prima il Tribunale di Nocera Inferiore poi la Corte di appello di Salerno hanno condannato il locatore a restituire al conduttore 35mila euro.
Proposto ricorso, la Cassazione l’ha bocciato richiamando il recente principio di diritto espresso dalle Sezioni unite (n. 18213/2015) che, superando il precedente orientamento, hanno affermato: «In tema di locazione immobiliare ad uso abitativo, la nullità prevista dall’articolo 13, comma 1, della legge n. 431 del 1998 sanziona esclusivamente il patto occulto di maggiorazione del canone, oggetto di un procedimento simulatorio, mentre resta valido il contratto registrato e resta dovuto il canone apparente; il patto occulto, in quanto nullo, non è sanato dalla registrazione tardiva, fatto extranegoziale inidoneo ad influire sulla validità civilistica».
Per la S.U. dunque l’ipotesi deve essere ricondotta nell’alveo del procedimento simulatorio, che «si sostanzia nella stipula dell’unico contratto di locazione (registrato), cui accede, in guisa di controdichiarazione, la scrittura (nella specie, coeva alla locazione, e redatta in forma contrattuale) con cui il locatore prevede di esigere un corrispettivo maggiore da occultare al fisco». «La sostituzione, attraverso il contenuto della controdichiarazione, dell’oggetto apparente (il prezzo fittizio) con quello reale (il canone effettivamente convenuto) contrasta con la norma imperativa che tale sostituzione impedisce, e pertanto lascia integra la (unica) convenzione negoziale originaria, oggetto di registrazione». «Non la mancata registrazione dell’atto recante il prezzo reale (attesane la funzione già in precedenza specificata di controdichiarazione), ma la illegittima sostituzione di un prezzo con un altro, espressamente sanzionata di nullità, è colpita dalla previsione legislativa». «Sì che – conclude la sentenza – sarà proprio la clausola successivamente inserita in via interpretativa attraverso la controdichiarazione ad essere affetta da nullità ex lege, con conseguente, perdurante validità di quella sostituenda (il canone apparente) e dell’intero contratto».
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