Il susseguirsi delle norme e delle disposizioni ministeriali emanate durante il periodo emergenziale ha creato una situazione di confusione anche tra gli interpreti del diritto.
Il presente articolo cercherà di fornire gli opportuni chiarimenti a quanti di Voi si saranno trovati dinanzi a cartelle recapitate, relative a tributi datati.
La normativa emergenziale che ha disposto, da un lato, la sospensione degli adempimenti da parte dei contribuenti e, dall’altro, ha riconosciuto più tempo agli enti impositori e della riscossione per la notifica degli atti finalizzati al recupero dei tributi, sta creando una grande incertezza tra gli operatori in merito al calcolo dei termini di prescrizione e decadenza degli Uffici per la notifica di accertamenti e atti della riscossione.
Il punto di partenza per effettuare il computo dei termini è certamente l’art. 68 del D.L. 18/2020 il quale, dopo aver previsto al comma 1 la sospensione dei termini dei versamenti (scadenti nel periodo dall’8 marzo 2020 al 31 agosto 2021 derivanti da cartelle di pagamento nonché dagli avvisi di accertamento esecutivi), richiama l’art. 12 del D.Lgs. 159/2015 il quale, al comma 1, prevede la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza a favore degli Uffici per un periodo di tempo corrispondente alla sospensione dei termini di versamento (nel caso di specie pari a 542 giorni).
Sennonché il richiamato art. 12 contiene anche un secondo comma ai sensi del quale i termini di prescrizione e decadenza che scadono entro il 31 dicembre dell’anno o degli anni durante i quali si verifica la sospensione, sono prorogati fino al 31 dicembre del secondo anno successivo alla fine del periodo di sospensione: poiché la sospensione si è conclusa il 31 agosto 2021, la proroga è al 31 dicembre 2023.
In concreto, per stabilire in quale delle due ipotesi si rientra occorre preliminarmente verificare se il termine di prescrizione/decadenza in questione scadeva naturalmente nel biennio 2020-2021.
Se la risposta è positiva (il termine era in scadenza nel 2020 o nel 2021) i termini di prescrizione e decadenza slittano al 31 dicembre 2023,
Se la risposta è negativa (il termine era in scadenza, ad esempio, nel 2022) i termini di prescrizione sono sospesi per 542 giorni esatti.
Ma, per i carichi affidati all’Agente della riscossione (con esclusione, pare, di quelli affidati ai concessionari privati), non finisce qui.
L’art. 68 del Dl. 18/2020, oltre al fin qui descritto comma 1 (contenente il richiamo all’art. 12), stabilisce al comma 4-bis che, per i carichi affidati agli Agenti della riscossione dall’08 marzo 2020 al 31 dicembre 2021, si applica una sospensione dei termini di decadenza e prescrizione di 24 mesi.
Come coordinare, dunque, il comma 1 (e l’art. 12) con il comma 4-bis del richiamato art. 68? In particolare, per le fattispecie per i quali ricorrono entrambi i presupposti, trova applicazione la sospensione di 24 mesi, secondo la norma “speciale”, o la sospensione di soli 542 giorni?
In virtù del principio di specialità e considerata l’introduzione successiva di questo comma rispetto al comma 1 pare che la sospensione di 24 mesi prevalga sulla sospensione di 542 giorni ma, considerate le incertezze evidenziate anche dalla stampa specialistica, è preferibile adottare un approccio prudente, in attesa di conferme ufficiali o delle prime pronunce giurisprudenziali.
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del telefono cellulare.
Il Tribunale rigettava l’appello, rilevando che Mevia, nel contestare l’applicazione da parte del primo giudice dei “valori previsti per le lesioni cosiddette micropermanenti nel codice delle assicurazioni”, non ha allegato “alcun elemento che indichi l’incongruità della liquidazione, ad eccezione del (presunto, in quanto non espressamente richiamato dal giudice di prime cure in motivazione) richiamo ai valori di cui al Codice delle Assicurazioni in luogo delle tabelle elaborate dal Tribunale di Milano riferite all’anno del sinistro, che, peraltro, non risultano prodotte da nessuna delle parti”.
la conseguenza che l’abitazione in cui quest’ultimo ha vissuto quando la famiglia era unita deve
eve essere presentata al tribunale del luogo di residenza della persona interessata, che provvederà a valutare la situazione e a nominare l’amministratore di sostegno.
La decisione è della sesta sezione penale della Corte che ha così confermato una condanna per maltrattamenti inflitta ad una mamma che aveva cercato di mettere suo figlio contro il padre. La donna era stata già condannata dai giudici di merito e si era rivolta alla suprema Corte per sostenere che suoi comportamenti (che i consulenti avevanmo descritto come “portati a strumentalizzare i figli per scopi vendicativi nei confronti del coniuge” non potevano configurare il reato di maltrattamenti. I giudici della Corte hanno respinto il ricorso evidenziando che come emerso peraltro dall’istruttoria “i maltrattamenti erano stati realizzati mediante una pluralita’ e continuita’ di condotte vessatorie fatte di ripetute minacce, ingiurie e umiliazioni sorrette da consapevole malafede, sicuramente integranti il delitto contestato e hanno accertato gli effetti devastanti prodotti da tali condotte sulla crescita del minore”.