Studio Legale Avv. Conigliaro – avvocati palermo
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Amministrazione di Sostegno: verso nuovi scenari di tutela

15 Febbraio 2023

L’amministrazione di sostegno è un istituto giuridico disciplinato dal Codice Civile italiano, introdotto con la legge n. 6 del 9 gennaio 2004.

L’amministrazione di sostegno è destinata a tutelare le persone che, per causa di infermità o di deficit psichici o fisici, non sono in grado di provvedere ai propri interessi, sia personali che patrimoniali. In tali casi, il giudice può nominare un amministratore di sostegno, la cui funzione principale è quella di assistere e rappresentare la persona protetta nella gestione delle proprie attività quotidiane e nell’amministrazione dei propri beni.

L’amministrazione di sostegno può essere richiesta da chiunque abbia un interesse legittimo nella tutela della persona che ne ha bisogno, compresi parenti, amici, medici curanti o assistenti sociali. La richiesta deve essere presentata al tribunale del luogo di residenza della persona interessata, che provvederà a valutare la situazione e a nominare l’amministratore di sostegno.

L’amministratore di sostegno è tenuto a rispettare i desideri e le volontà della persona protetta, nella misura in cui questi siano compatibili con il suo stato di salute e la sua capacità di intendere e di volere. In ogni caso, l’amministratore di sostegno deve agire nell’interesse esclusivo della persona protetta, cercando di garantire la sua autonomia e la sua dignità.

L’amministrazione di sostegno può essere limitata o estesa a seconda delle esigenze della persona protetta. In particolare, può essere istituita un’amministrazione di sostegno limitata alle sole questioni personali, o estesa alla gestione dei beni della persona protetta, compresi quelli di natura immobiliare.

L’amministrazione di sostegno rappresenta un importante strumento di tutela per le persone che, per ragioni di salute o di fragilità, non sono in grado di gestire autonomamente la propria vita quotidiana e la propria situazione patrimoniale. Tuttavia, è importante che l’amministrazione di sostegno sia istituita solo nei casi in cui sia strettamente necessario, e che sia sempre orientata al massimo rispetto della dignità e dell’autonomia della persona protetta.

In caso di controversie o di violazioni dei diritti del soggetto protetto nell’ambito dell’amministrazione di sostegno, è possibile rivolgersi allo Studio Legale Avv. Valentina Conigliaro specializzato in diritto di famiglia e delle persone, al fine di tutelare i propri diritti e far valere le proprie ragioni.

Per maggiori informazioni, contatta lo Studio  alla mail info@avvocatovalentinaconigliaro.it o al n.3755473095

La strumentalizzazione dei figli per vendicarsi del partner è maltrattamento; lo dice la Cassazione!

27 Settembre 2022

Le pressioni psicologiche esercitate nei confronti dei figli minorenni per scopi vendicativi nei confronti del coniuge costituiscono reato. Lo afferma la Corte di Cassazione spiegando che in tali fattispecie si può essere condannati per il reato previsto dall’art. 572 del codice penale.

La decisione è della sesta sezione penale della Corte che ha così confermato una condanna per maltrattamenti inflitta ad una mamma che aveva cercato di mettere suo figlio contro il padre. La donna era stata già condannata dai giudici di merito e si era rivolta alla suprema Corte per sostenere che suoi comportamenti (che i consulenti avevanmo descritto come “portati a strumentalizzare i figli per scopi vendicativi nei confronti del coniuge” non potevano configurare il reato di maltrattamenti. I giudici della Corte hanno respinto il ricorso evidenziando che come emerso peraltro dall’istruttoria “i maltrattamenti erano stati realizzati mediante una pluralita’ e continuita’ di condotte vessatorie fatte di ripetute minacce, ingiurie e umiliazioni sorrette da consapevole malafede, sicuramente integranti il delitto contestato e hanno accertato gli effetti devastanti prodotti da tali condotte sulla crescita del minore”.

 

Per maggiori informazioni, contatta lo Studio Legale Avvocato Valentina Conigliaro alla mail info@avvocatovalentinaconigliaro.it o al n.3755473095

 

Cartelle di pagamento, buste nere e debiti verso l’Erario: sono sempre dovuti?

13 Dicembre 2021

A far data dal 01 giugno 2021, è ripresa l’attività di riscossione del Concessionario, Agenzia per la Riscossione S.p.a., meglio nota come la temuta “Serit”.

Ebbene, se avete ricevuto o riceverete presso la Vostra residenza la tanto temuta “busta nera”, non temete; talvolta, talune pretese non sono necessariamente dovute, sia per difetto dei requisiti di debenza del tributo, sia per motivi di forma, sia perchè la pretesa si è “prescritta”, essendo trascorso un notevole lasso di tempo dalla ricezione dell’ultimo avviso di pagamento.

Invero, non versare gli importi richiesti che sono realmente dovuti, potrebbe portare il contribuente ad un ulteriore aggravio di costi che potrebbe essere risparmiato attraverso un esame dell’effettiva debenza delle somme che Vi vengono richieste.

Per maggiori informazioni, contatta lo Studio Legale Avvocato Valentina Conigliaro alla mail info@avvocatovalentinaconigliaro.it o al n.3755473095

Risarcimento del danno non patrimoniale e infedeltà coniugale

16 Novembre 2021

È noto che il tradimento sia la causa principale delle crisi coniugali e, di conseguenza, delle cause di separazione tra i coniugi. Se, da un lato, esso integra un condotta considerata, ancora, come moralmente riprovevole tanto che colui che la commette difficilmente, per lungo tempo, riesce a scrollarsi di dosso l’etichetta del traditore, dall’altro, esso comporta delle conseguenze giuridicamente rilevanti alle quali il fedifrago difficilmente pensa nell’atto in cui è impegnato a commettere il tradimento.
È ormai pacifico, infatti, nella giurisprudenza in materia, sempre più ricca e frequente, che l’infedeltà coniugale, oltre a essere causa di addebito della separazione, comporti l’obbligo del risarcimento del danno in favore del coniuge tradito, in particolare, laddove il tradimento si sia consumato secondo modalità particolarmente lesive. L’art. 143 c.c. stabilisce che «con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri. Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione. Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia».
Tale disposizione, quindi, annovera il dovere di fedeltà tra i doveri nascenti dal matrimonio la cui violazione può comportare, da un lato, la pronuncia della separazione con addebito, anche a sensi dell’art. 151 c.c. secondo il quale «la separazione può essere chiesta quando si verificano, anche indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio alla educazione della prole.
Il giudice, pronunciando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio», dall’altro, essa può essere fonte anche di risarcimento del danno.
Il riferimento normativo per giustificare tale diritto al risarcimento, anche se di primo acchito potrebbe pensarsi sia l’art. 1218 c.c., è rappresentato, senza dubbio alcuno, dagli artt. 2043 e 2059 c.c. Per rispettare lo schema di cui all’art. 2043 c.c. è, ovviamente, necessario che tra l’infedeltà e il danno lamentato sussista un rapporto di causalità, rapporto quest’ultimo che andrà provato dal coniuge che avanza la richiesta risarcitoria.
Sul punto, difatti, la giurisprudenza della Suprema Corte è concorde nel ritenere che grava sulla parte che richiede l’addebito della separazione all’altro coniuge per inosservanza dell’obbligo di fedeltà l’onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza; viceversa, è onere di chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, ossia l’infedeltà nella determinazione dell’intollerabilità della convivenza, dimostrare le circostanze su cui tale eccezione si fonda, vale a dire l’anteriorità della crisi matrimoniale all’accertata infedeltà (Cassazione civ., ord. 5 agosto 2020, n. 16691; In tal senso, si v. Tribunale di Oristano, 4 febbraio 2021, n. 63).
Il nesso eziologico, quindi, dovrà di certo escludersi quando l’infedeltà si inserisce in un contesto matrimoniale già in crisi oppure quando essa sia stata superata dai coniugi i quali hanno ripreso un andamento sereno della propria vita matrimoniale.

E proprio alla luce del principio da ultimo menzionato, la giurisprudenza e la dottrina hanno superato la concezione di fedeltà solo come obbligo dall’astenersi da rapporti fisici con altre persone, dando così rilievo oltre che al c.d. “tradimento platonico”, che ricorre quando, malgrado l’assenza di rapporti sessuali, il coniuge nutra un certo coinvolgimento affettivo per un terzo, anche al c.d. “tradimento apparente” che ricorre, in particolare, ogniqualvolta il coniuge abbia posto in essere delle condotte tali da far percepire all’esterno la consumazione di un tradimento.

Alla luce degli orientamenti giurisprudenziali attuali è possibile concludere che va escluso qualsiasi nesso di pregiudizialità tra la pronuncia giudiziale di separazione con addebito e azione risarcitoria per infedeltà coniugale.
Il coniuge tradito, quindi, il quale si trova d’accordo con l’altro coniuge a definire la separazione alle condizioni stabilite concordemente, potrà scegliere di evitare un giudizio di separazione giudiziale, aderendo a una soluzione consensuale, ma potrà comunque agire con un’azione autonoma volta al riconoscimento giudiziale del diritto al risarcimento del danno subito a seguito dell’infedeltà, se tale infedeltà abbia provocato un danno ingiusto meritevole di tutela costituzionale da intendersi nella accezione di cui all’art. 2059 c.c. In questo modo, e solo in questo modo, si potrà ottenere la reintegra del pregiudizio subito dal coniuge tradito e la reale elisione degli effetti negati della condotta fedifraga. Fermo restando che, in ogni caso, il coniuge tradito potrà chiedere il risarcimento del danno contestualmente alla richiesta di addebito nell’ambito del processo per separazione purché, però, e questo è il principio pacificamente riconosciuto dalla Suprema Corte, il danno consista nella lesione di diritti costituzionalmente meritevoli di tutela. Va ricordato, infine, che la giurisprudenza non ritiene più necessaria la ricorrenza di condotte costituenti autonomi illeciti rispetto al tradimento, ovvero condotte ingiuriose o diffamatorie del coniuge, risultando sufficiente che il danno ingiusto sia stato provocato dal tradimento in sé e per sé e che lo stesso abbia inciso su diritti essenziali della vita, anche “solo” quello della realizzazione nell’ambito della vita familiare.

Per maggiori informazioni, contatta lo Studio Legale Avvocato Valentina Conigliaro alla mail info@avvocatovalentinaconigliaro.it o al n.3755473095

Via libera agli indennizzi per i voucher turistici inutilizzati.

16 Novembre 2021

È stato  pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 15 novembre n. 272 il decreto 10 settembre 2021, n. 160 del Ministero del Turismo: “Regolamento recante disposizioni applicative concernenti il Fondo per  l’indennizzo dei consumatori titolari di voucher emessi ai sensi dell’articolo 88-bis del Dl 17 marzo 2020, n. 18 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27). Il provvedimento entra in vigore il prossimo 30 novembre.

I consumatori titolari di voucher non utilizzati avranno diritto agli indennizzi.

Il decreto, dunque, come chiarisce l’articolo 1, definisce “i criteri e le modalità” per l’erogazione delle risorse del Fondo che ha una dotazione di 1 milione di euro per l’anno 2021, nonché la misura per l’indennizzo dei consumatori titolari di voucher non utilizzati alla scadenza e non rimborsati a causa dell’insolvenza o del fallimento dell’operatore turistico o del vettore.

Per presentare la propria richiesta ci sarà tempo massimo fino alle ore 12,00 del 31 dicembre 2021.

Per maggiori informazioni, contatta lo Studio Legale Avvocato Valentina Conigliaro alla mail info@avvocatovalentinaconigliaro.it o al n.3755473095

Suicidio assistito: ancora un taboo?!

12 Aprile 2021

E’ iniziato il 24 marzo 2021, nelle Marche, il procedimento di urgenza contro una Asl che si è rifiutata di applicare la “sentenza Cappato”, emanata dalla Corte Costituzionale il 22 novembre 2019 in relazione al suicidio assistito di Fabiano Antoniani (detto Fabo).

Costituisce oggetto del procedimento al vaglio dei giudici marchigiani il suicidio assistito richiesto da un uomo di 42 anni affetto da tetraplegia irreversibile.

Dopo il diniego ricevuto dall’azienda sanitaria di riferimento, il soggetto, seguito dagli avvocati del Comitato dei giuristi per le libertà dell’Associazione Luca Coscioni, ha chiesto l’intervento del giudice al fine avviare l’iter previsto dalla sentenza n. 242 del 2019 della Consulta. Nello specifico, l’Asl deve effettuare le verifiche per l’accertamento dello stato di salute in cui versa il paziente, per poi procedere, dopo il parere positivo rilasciato dal comitato etico, alla prescrizione del farmaco letale.

Secondo la Corte costituzionale, infatti, è legittimo che i malati gravissimi versanti in determinate condizioni possano far richiesta di porre fine alle proprie sofferenze, attraverso una procedura che, tramite Servizio Sanitario Nazionale, metta in pratica il suicidio medicalmente assistito.

La “sentenza Cappato”, in particolare, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 580 del codice penale, rubricato “Istigazione o aiuto al suicidio” per la sola parte relativa all’aiuto al suicidio, stabilendo che non è punibile esclusivamente se fornito a una persona che sia tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del Servizio Sanitario Nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente.

In attesa della decisione dei giudici, Filomena Gallo, avvocato del collegio difensore e Segretario dell’Associazione Luca Coscioni, ha dichiarato che «è una crudeltà inaudita che i cittadini in condizioni gravissime debbano passare per i tribunali per ottenere risposte sull’esercizio dei propri diritti costituzionali. Il Ministro della Salute, Roberto Speranza, quello della Giustizia, Marta Cartabia, e tutto il Governo dovrebbero procedere nel rispetto della Costituzione con gli atti necessari affinché le strutture pubbliche del Ssn applichino la sentenza della Corte costituzionale».

 

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