Il fumatore ammalatosi per il vizio non è risarcito perchè è stata una libera scelta

E’ circostanza notoria che il fumo faccia male alla salute. Pertanto – spiega la Cassazione con la sentenza 11272/2018 – il soggetto che si ammala di tumore in funzione del vizio non può poi pretendere un risarcimento del danno. Richiesta che, nel caso concreto, un privato aveva indirizzato al ministero della Salute (per non aver impedito la vendita del prodotto nocivo) nonché alla ditta produttrice Philip Morris (per aver messo in commercio prodotti pericolosi per la salute).

La vicenda. Alla base della pronuncia una vicenda in cui un soggetto, incallito fumatore, aveva contratto una grave forma di tumore e avendo ritenuto che tra la malattia e il fumo ci fosse un nesso di causalità aveva chiesto il risarcimento. La Cassazione, tuttavia, ha ritenuto che sin dagli anni ’70 è stata fatta una campagna di sensibilizzazione sui danni che può provocare il fumo. Quindi dover ricorrere a due o più pacchetti al giorno di sigarette per la dipendenza creata non è un elemento imputabile a chi produce ma esclusivamente a chi consuma che ha piena consapevolezza di quello che sta facendo. Mai come in questo caso non è ammessa ignoranza. Nella sentenza si legge che anche a voler configurare una responsabilità ex articoli 2043 o 2050 Cc in capo al produttore, si perverrebbe ugualmente a escludere il nesso di causalità in applicazione del principio della causa prossima di rilievo, costituito nella fattispecie da un atto di volizione libero, consapevole e autonomo di soggetto dotato di capacità di agire, quale scelta di fumare nonostante la notoria nocività del fumo.

Conclusioni. Non è nemmeno accettabile la tesi sostenuta dal ricorrente che la nicotina contenuta nelle sigarette annulli la capacità di autodeterminazione del soggetto costringendolo a fumare senza possibilità di smettere dai due ai quattro pacchetti al giorno.

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