La rottura del matrimonio di interesse non attribuisce il diritto al mantenimento

Corte di cassazione – Sezione VI civile – Ordinanza 10 gennaio 2018 n. 402

Il matrimonio di convenienza – naufragato in meno di un mese – non consente al coniuge di chiedere l’assegno di mantenimento. Lo precisa la Cassazione con l’ordinanza n. 402/2018. E mai come in questo caso l’unione è stata solo di interesse. Lo pseudo marito, infatti, aveva contratto matrimonio in quanto come ufficiale dell’esercito americano avrebbe beneficiato di gratifiche economiche conseguenti al matrimonio, riconosciute agli appartenenti all’esercito. Anche la finta moglie si era unita in matrimonio solo dopo aver ricevuto assegni post datati ed essersi fatta consegnare una somma prossima ai 110mila dollari in contanti.

Il punto della Corte. La Corte ha rilevato come l’assegno di mantenimento possa essere attribuito in costanza di un vero e proprio matrimonio in cui venga alla luce anche uno stile di vita in funzione del quale poi è possibile riconoscere un mantenimento dalla parte economicamente svantaggiata. La donna dalla sua aveva eccepito come la brevissima durata del matrimonio (peraltro ascrivibile unicamente a lei) e la mancata instaurazione della convivenza non fossero condizioni rilevanti per escludere il diritto all’assegno di mantenimento e a sostegno della sua tesi sull’irrilevanza del matrimonio aveva citato la recente sentenza di cassazione n. 1162/2017 secondo cui alla breve durata del matrimonio non poteva essere riconosciuta efficacia preclusiva del diritto all’assegno di mantenimento, ove di questo sussistessero gli elementi costitutivi, rappresentati dalla non addebitabilità della separazione al coniuge richiedente, dalla non titolarità, da parte del medesimo di adeguati redditi propri, o comunque di redditi tali che consentissero di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio e dalla sussistenza di una disparità economica tra le parti. Sulla durata del matrimonio – si legge nell’appello in Cassazione – poteva al più essere attribuito rilievo ai fini del quantum da riconoscere.

Conclusioni. I Supremi giudici hanno fatto prevalere il buon senso ricordando che in una coppia del genere non potesse sussistere comunione materiale e spirituale. Peraltro già in passato la Corte distrettuale aveva riscontrato esclusivamente la realizzazione di accordi economici tra le parti senza che vi fosse stata alcuna condivisione di vita e soprattutto l’instaurazione di un vero e proprio rapporto affettivo qualificabile in termini di affectio coniugalis, elemento imprescindibile del matrimonio.

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