Danni da emotrasfusione, agli eredi risarcimento parametrato agli anni vissuti

Corte di cassazione – Sentenza 6 maggio 2020 n. 8532

Nel caso di persona già defunta al momento del giudizio, il risarcimento agli eredi, da parte del Ministero della Salute, per il danno da contagio da epatite HCV in conseguenza di emotrasfusione, va liquidato secondo le tabelle milanesi e non applicando un criterio “equitativo puro”. L’intervenuto decesso della parte tuttavia comporta che “la valutazione probabilistica connessa all’ipotetica durata della vita del soggetto danneggiato vada sostituita con quella del concreto danno effettivamente prodottosi”. Cosicché l’ammontare del danno biologico che gli eredi richiedono iure successionis deve essere calcolato “non con riferimento alla durata probabile della vita della vittima, ma alla sua durata effettiva (da ultimo Cass, n. 4551 de 2019)”. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, sentenza n. 8532 di oggi, accogliendo parzialmente il ricorso degli eredi.

La Corte di Appello di Napoli, invece, considerato che il decesso era avvenuto all’età di 84 anni, dunque oltre l’aspettativa di vita, aveva ritenuto che la liquidazione dovesse avvenire con il criterio “equitativo puro” e l’aveva fissata in 30mila euro. Siccome però la vittima aveva goduto di un indennizzo di 88mila euro ex lege 210/92, e tale somma doveva essere detratta dal risarcimento, “il saldo era negativo”.

Proposto ricorso la Terza sezione, richiamando altre pronunce, l’ha parzialmente accolto stabilendo che in sede di rinvio “il danno tabellarmente determinato dovrà dal giudice di merito essere proporzionalmente ridotto avuto riguardo al tempo di effettiva sopravvivenza del danneggiato”. In particolare, il giudice di merito dovrà adottare «il criterio della proporzione, secondo cui il risarcimento che si sarebbe liquidato a persona vivente sta al numero di anni che questi aveva ancora da vivere secondo le statistiche di mortalità, come il risarcimento da liquidare a persona già defunta sta al numero di anni da questa effettivamente vissuti tra l’infortunio e la morte» (Cass. n. 13331 del 2015).

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